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09 Feb 2023, 17.04 PM

Il 74% dei laureati trova lavoro entro un anno

Nel 2021 il tasso di occupazione è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,5% tra i laureati di primo livello e al 74,6% tra i laureati di secondo livello; tra i laureati magistrali biennali il tasso di occupazione sale al 76,5%, mentre per i magistrali a ciclo unico si attesta al 70,3%. Lo scrive Almalaurea nella sua “Indagine sulla condizione occupazionale dei laureati 2022” di cui UniOlbia offre una sintesi.

Il confronto con le precedenti rilevazioni di AlmaLaurea mostra un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione dei laureati – è scritto nel report - . In particolare, i valori osservati nel 2021 restituiscono un risultato positivo perché rilevano un miglioramento non solo rispetto all’anno precedente, ma anche rispetto a quanto osservato nel 2019, quando il trend di crescita della capacità di assorbimento del mercato del lavoro non era stato ancora arrestato dall’avvento della pandemia. Tali segnali positivi si registrano soprattutto per i laureati di secondo livello, per i quali nel 2021 il tasso di occupazione risulta in aumento di 2,9 punti percentuali rispetto all’indagine del 2019; per i laureati di primo livello, invece, l’incremento è più contenuto (+0,4 punti percentuali).

Anche i laureati a tre e a cinque anni dal conseguimento del titolo evidenziano alcuni segnali di miglioramento delle performance occupazionali, mostrando peraltro livelli occupazionali decisamente elevati. Nel dettaglio, a tre anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione raggiunge l’88,3% tra i laureati di primo livello e l’85,6% tra i laureati di secondo livello (88,2% per i laureati magistrali biennali e 80,3% per i magistrali a ciclo unico).

A cinque anni dal conseguimento del titolo il tasso di occupazione è pari all’89,6% per i laureati di primo livello e all’88,5% per quelli di secondo livello. Disaggregando per tipo di corso, il tasso di occupazione raggiunge l’89,1% per i magistrali biennali, un valore superiore all’86,9 rilevato per i magistrali a ciclo unico. Il confronto con la rilevazione del 2019 mostra un tasso di occupazione in aumento di 0,9 punti percentuali tra i laureati di primo livello e di 1,7 punti tra i laureati di secondo livello.

Il percorso di studio concluso esercita un effetto sulle chance occupazionali dei neolaureati: a parità di altre condizioni, i più favoriti sono i laureati del gruppo informatica e tecnologie ICT, così come quelli dei gruppi medico- sanitario e farmaceutico nonché ingegneria industriale e dell’informazione; a questi, inoltre, si aggiungono i gruppi architettura e ingegneria civile, educazione e formazione nonché scientifico.

L’analisi di genere mostra la migliore collocazione degli uomini (12,8% di probabilità in più di essere occupati rispetto alle donne). Si confermano, dunque, significative le tradizionali differenze di genere nella capacità di assorbimento nel mercato del lavoro, a cui si associano anche diversi tempi di inserimento, che vedono, ancora una volta, gli uomini avvantaggiati rispetto alle donne.

Anche le differenze territoriali si confermano significative, sia in termini di residenza, sia in termini di ripartizione geografica di studio. Nel dettaglio, quanti risiedono al Nord presentano una maggiore probabilità di essere occupati (+43,7%) rispetto a quanti risiedono nel Mezzogiorno; analogamente, per quanto riguarda la ripartizione geografica di studio, i laureati del Nord hanno il 35,9% in più di probabilità di essere occupati rispetto a quanti hanno studiato nel Mezzogiorno. Inoltre, chi risiede in una provincia diversa dalla sede degli studi ha il 5,6% in più di probabilità di essere occupato a un anno, rispetto a chi studia nella stessa provincia di residenza.

 Sebbene l’approfondimento porti a stimare un’influenza contenuta, i laureati provenienti da famiglie nelle quali almeno un genitore è laureato mostrano una minore probabilità di occupazione (-7,2%) a un anno dal titolo, rispetto a quanti hanno genitori con titolo di studio non universitario. L’ipotesi sottesa a tale risultato è che il contesto familiare consenta ai laureati di poter scegliere di posticipare l’entrata nel mercato del lavoro, in attesa di una migliore collocazione.

Complessivamente, a un anno dal titolo, il lavoro autonomo riguarda l’11,6% dei laureati di primo livello occupati e il 12,7% di quelli di secondo livello: tale valore si attesta all’8,8% per i magistrali biennali mentre sale, per la natura stessa di tali percorsi che sono orientati all’avvio di attività libero professionali, al 26,0% per i magistrali a ciclo unico.

Il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato interessa il 29,8% degli occupati di primo livello e il 25,7% di quelli di secondo livello. Anche in questo caso le differenziazioni tra magistrali biennali (29,1%) e magistrali a ciclo unico (14,0%) sono rilevanti.

 La forma di lavoro prevalente tra i laureati occupati a un anno dal titolo si conferma, anche per il 2021, il contratto non standard (in particolare alle dipendenze a tempo determinato), che riguarda il 41,4% dei laureati di primo livello e il 38,5% di quelli di secondo livello, con qualche differenza tra tipi di corso: 36,8% per i magistrali biennali e 44,4% per i magistrali a ciclo unico.

Gli occupati assunti con un contratto formativo, invece, sono rispettivamente il 10,4% dei laureati di primo livello e il 13,4% di quelli di secondo livello (in particolare, 15,6% tra i magistrali biennali e 6,1% tra i magistrali a ciclo unico).

Le altre forme di lavoro autonomo (principalmente contratti di collaborazione occasionale) riguardano il 2,6% dei laureati di primo livello e il 3,6% di quelli di secondo livello (3,4% e 4,3%, rispettivamente, per i magistrali biennali e i magistrali a ciclo unico), mentre il lavoro parasubordinato interessa il 2,4% e il 2,9% (2,9% e 2,7%, rispettivamente, per i magistrali biennali e i magistrali a ciclo unico). Infine, il lavoro non regolamentato riguarda l’1,7% degli occupati di primo livello e l’1,6% degli occupati di secondo livello (1,5% per i magistrali biennali e 1,7% per i magistrali a ciclo unico).

 Nel 2021 la retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è, in media, pari a 1.340 euro per i laureati di primo livello e a 1.407 euro per i laureati di secondo livello; si osservano differenze tra le retribuzioni percepite dai laureati magistrali biennali, pari in media a 1.355 euro netti mensili, e quelle dei magistrali a ciclo unico, che si attestano a 1.589 euro. Nel complesso, si rileva un aumento rispetto alla rilevazione del 2019: +9,1% per i laureati di primo livello e +7,7% per quelli di secondo livello.

 Nota: La XXIV Indagine AlmaLaurea sulla Condizione occupazionale dei Laureati ha coinvolto 660 mila laureati di primo e secondo livello (magistrali biennali e magistrali a ciclo unico)1. Gli Atenei coinvolti nella rilevazione sono 76, degli 80 aderenti ad AlmaLaurea a giugno 2022. Si tratta in particolare di 287 mila laureati di primo e secondo livello del 2020, contattati a un anno dal termine degli studi, 119 mila laureati di secondo livello del 2018, contattati a tre anni dal termine degli studi, 114 mila laureati di secondo livello del 2016, contattati a cinque anni dal termine degli studi, 74 mila e 66 mila laureati di primo livello, rispettivamente, del 2018 e del 2016 che non hanno proseguito la formazione universitaria, contattati a tre e cinque anni dalla laurea.

“Indagine sulla condizione occupazionale dei laureati 2022” (Almalaurea)